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Notizie dal 72 parallelo, scheda critica

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Antonella Lovisi, Notizie dal 72° parallelo di Alfredo Rienzi, in Il Segnale, n. 106, p. 93

Le Notizie che Alfredo Rienzi scrive dal 72° parallelo danno voce ad una molteplicità di figure e di  «maschere» (p. 19) che il poeta stesso assume e fa proprie, forse ponendosi innanzi al proprio specchio: «la sua immagine è la mia, distorta/ o capovolta, il suo spazio è il mio/ di qua e di là dalle sbarre» (p. 29). Reali, immaginari o riflessi che siano questi volti, poco importa. Quello che emerge a lettura completa è che ogni voce – nel tessersi del dialogo – concorre a creare una dimensione di polifonia poetica davvero interessante per il lettore che vi si addentra e per il poeta che ha la possibilità di esprimersi da latitudini storiche e geografiche diverse. Bachtin, nel saggio Estetica e romanzo, parla di una «plurivocità individuale» che la scrittura si ocupa di organizzare artisticamente e stilisticamente. è vero che Bachtin si riferisce essenzialmente alla forma prosastica del romanzo, ma è anche vero che questo concetto può essere anche un’utile chiave di lettura per interpretare l’universo poetico di Rienzi, che si distingue per l’accurata e raffinata indagine della parola quale strumento di ricerca attorno all’oggetto stesso: «le parole si nutrono di parole/ come l’acqua dell’acqua/ e l’amore dell’amore» (p. 33). E forse, a conferma di questo scambio infinito e ridondante che nel tempo si instaura tra verbum e verbum, tra il già detto e l’ora pronunciato che acquista un nuovo significato, nella parola poetica di Rienzi si sente qualcosa di simile al fruscio delle foglie ungarettiane: «E non si sta nemmeno più, in questi giorni,/ come le foglie in attesa» (p. 40). Rienzi – sperimentando con arguzia e creatività le diverse possibilità offerte dal linguaggio poetico, sia per quanto riguarda le scelte lessicali che per quelle metriche e e stilistiche – ha la capacità di tratteggiare le diverse personalità delle figure che crea attraverso la pagina scritta. Ci troviamo quindi di fronte a diverse tipologie di personae che insieme concorrono a tratteggiare l’universale umano in tutte le sue sfaccettature, sia del passato che del presente. Tra i tanti incontriamo il filosofo Iròstene di Stizia in riva ad un fiume, conosciamo Beniamino che ha solo sette anni, leggiamo un carteggio tra Miriam e suo padre J.G., ci chiediamo se l’esoterista tedesco Kristian Rosenkreutz sia veramente esistito e seguiamo con passio il ciclo di Yibel dall’incipit all’epilogo. Ad ognuno di loro il lettore, spesso impaziente nel cogliere nell’immediato il significato di ciò che sta leggendo, deve lasciare lo spazio e il tempo per svelare il significato della propria voce e della propria storia. La lingua, in questo ritornare su se stessa e ripercorrersi, sopravvive: è nel cercare i significati più profondi di ciò che ci è oscuro che la parola svela la sua chiarezza. Lo spazio in cui queste figure prendono parola è spesso quello onirico in cui il confine tra realtà e immaginazione è davvero labile. Nel sogno si fanno spazio illusioni, allucinazioni che confondono e spesso destabilizzano: «ma, si sa/ nei sogni le figure hanno spesso/ contorni incerti e molli/ o cambiano senza neppure si capisca/ cosa siano in origine e cosa vogliano diventare» (p. 30). Accanto alle illusioni, nel sogno, emergono domande che sono il frutto di quelle visioni che spesso non riusciamo ad afferrare, ma dietro le quali intuiamo le contraddizioni della realtà: «ma tu hai conosciuto mai qualcosa vivere/ e riuscire a restare immobile?» (p. 18). Le domande però, ci dice Rienzi, ci spingono a muoverci, a non stare fermi, a sperimentare punti di vista differenti, Ad essere fiume o vento, in un costante movimento che caratterizza l’umano, qualunque volto assuma e che lo guidi nella sua incessante ricerca del vero e di risposte: «un futuro di volti e meduse/ è la nostra follia transumante» (p. 44).

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